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      Anche Vicenzino nell'aprirla pensava: "Come mai non viene da Novara?" Ma appena n'ebbe scorse poche righe, gridò:
      - Ah per Dio! poveri noi!
      E, respingendo la bambina che gli stava curiosamente dinnanzi, prese la rincorsa ed uscì senza cappello, correndo come un matto.
      Quella lettera era il solito addio dei suicida, e cominciava colla solita frase:
      - "Quando riceverai questa lettera avrò cessato di vivere". Poi spiegava disordinatamente le sue ragioni: "Non posso ricevere gli ordini maggiori senza commettere un sacrilegio; e d'altra parte non posso rinunciare alla carriera ecclesiastica perchè ridurrei mio padre, che si fa vecchio e malaticcio, alla miseria. Capisco che la mia morte non rimedia a nulla, ma non ho il coraggio di vivere. Non ho voluto rientrare in seminario. Ho errato tutti questi giorni per la campagna come un'anima in pena, cercando la soluzione al terribile problema della mia vita; ma non l'ho trovata. Non so far nulla, non sono in grado di guadagnar nulla. Dopo aver rovinato mio padre ne' suoi ultimi anni, dovrei vivere a sue spese. Vedi che non è possibile; sarebbe una vergogna, un delitto. Preferisco morire..."
      Vicenzino fermava tutti i contadini che vedeva per domandare affannosamente, fremendo d'impazienza:
      - Sei tu che hai portata questa lettera a casa Dogliani?
      Tutti dicevano di no; ed egli correva, di su, di giù, come un matto, agitando la lettera in alto, guardando tutti supplichevolmente, e gridando:
      - Chi l'ha portata? Ma chi l'ha portata? Dove posso cercarlo?


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Senz'amore
di Marchesa Colombi
Editore Alfredo Brignola
1883 pagine 181

   





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