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      Si ricordava tremando il bacio dell'Elena quand'era tornato dal campo. Ora tornava da ben altra battaglia. Aveva lottato colla morte e riconduceva un figlio a suo padre.
      Ad un tratto, un pensiero terribile gli balenò alla mente. Quale sarebbe ora l'avvenire di Vincenzo? Aveva voluto uccidersi per non farsi prete, ed era per rimetterlo in quella condizione odiosa ch'egli l'aveva salvato? Salvarlo dalla morte non era più un bene, se non poteva anche salvarlo da quel destino che gli faceva orrore, se non poteva renderlo felice. A queste riflessioni gravi e penose, il sentimento di responsabilità si faceva sentire potentemente nel cuore onesto di Vicenzino, e lo turbava come una minaccia.
      Ne' suoi tre mesi di vita militare Vincenzo si era lasciata crescere la barba che, con quel pallore da moribondo, con quelle traccie di patimento sul volto, gli dava l'aria di un Nazzareno. La fantasia eccitabile di Vicenzino se lo figurava nei giorni di tortura che aveva passati errando solo per la campagna, implorando come Cristo: "Allontanate da me questo calice", quando per allontanarlo si era rassegnato a morire a ventun'anni, nel fiore della gioventù e della salute. Ed egli, l'amico fedele, il parente vincolato da tanta gratitudine, era andato a cercarlo nella pace fredda della morte, per dirgli: "Sorgi, povero spirito abbattuto dalle lotte, ricomincia a lottare; povero corpo sfinito dalla emorragia, torna a curvarti sotto la tua croce". No. Questo non poteva essere. Sarebbe stato crudele. Bisognava ad ogni costo che Vincenzo, ricuperando i sensi, potesse consolarsi di essere tornato alla vita, e non maledirla un'altra volta.


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Senz'amore
di Marchesa Colombi
Editore Alfredo Brignola
1883 pagine 181

   





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