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      Era Giorgio Albani.
      Il vecchio professore si ritirò alle nove. Io, giovane, non potevo ritirarmi così presto; sarebbe stato scortesia verso la signorina; era quanto dirle che la sua compagnia non mi tornava gradita.
      Mentre io, sempre egualmente sollecito della salute del mio vecchio amico, lo accompagnavo - sino in capo alla scala, - la signorina disse a Giorgio:
      - E quel signore che non ha preso il cappello e non m'ha salutata? Non se ne va?
      - Perchè? Le dispiace? domandò Giorgio.
      - Un poco; ha una cert'aria inquisitoria; quando mi guarda mi sembra di un'autopsia morale.
      - Come s'inganna! È così sbadato, e così buono; quando lo conoscerà meglio, sono certo che le piacerà.
      - Può darsi; ma intanto mi annoia; volevo fare una passeggiata, ma con quel signore non oso; mi dà soggezione.
      - Massimo!? esclamò Giorgio ridendo. - Ma le giuro che egli non aspira punto a destare questo sentimento nelle signore...
      In quella rientrai. Giorgio mi disse:
      - Massimo, la signorina mi diceva che desidera fare una passeggiata; ma ha soggezione di te.
      Egli diceva questo in aria di tanta ammirazione... si sarebbe detto che facesse un merito a sè stesso della timidezza di quella signora.
      Giorgio sapeva ch'io non amo in generale le artiste. La libertà delle loro maniere mi dà uggia. Ed ora sembrava dirmi: Vedi che Fulvia non si emancipa; e, per essere artista, non cessa d'essere una signora?
      Io contavo proprio quella sera di gettare colla mia presenza un raggio di felicità sull'esistenza della donna mia... Ma all'udire il desiderio dell'artista.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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