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      Confesso che non mi ero mai conosciuto prima d'allora tanta equità di sentimento e tanta facoltà di compunzione. Neppure nelle rimembranze azzurre della mia prima confessione, trovavo nulla di simile al sincero pentimento, al profondo dolore che mi strinse il cuore al pensiero di aver offeso il mio prossimo nella persona di Fulvia.
      Curvai come una parentesi la mia lunga persona per mettere la mia testa al livello di quella di lei, e le dissi, con intima convinzione:
      - Oh! perdoni, signora Fulvia, lo giuro sull'anima mia che non ho voluto offenderla; dica, mi perdona?
      Ella mi stese la mano senza parlare, e volle sorridermi per supplire alla parola; ma le sue labbra tremavano in quel momento, ed i suoi occhi mi apparvero natanti in uno strato cristallino... Povero cuore di donna, tenero, generoso! Fulvia era commossa; ed io! Ah, non sapevo che desse tanto rimorso l'offendere il prossimo. Ripregai quel prossimo gentile di perdonarmi: e che me lo dimostrasse continuando quel discorso interrotto: ero così felice di quelle confidenze e così dolente di averle demeritate: ma no, non le avevo demeritate; ella non lo credeva. No? Ebbene, perchè non proseguiva? Perchè non voleva dirmi come era svanito in lei quel nascente amore per Giorgio?...
      Un sorriso, una stretta di mano... ed il prossimo clemente continuava così:
      - Si ricorda la festa da ballo di martedì? Io, senza esser punto innamorata di Giorgio, avevo avuto la debolezza di farmi bella per lui. Mi pareva che mi amasse come vorrei essere amata io, per una leggerezza di cui mi vergogno, desideravo di sentirmelo dire colla sua voce appassionata.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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