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      Un momento pensai:
      - Se l'inferriata del balcone cadesse, e li trascinasse con sè!
      E, traendo meco la giovane che mi dava il braccio, mi rizzai per lasciarli cader soli. Oh, l'egoismo dell'amore!
      Ma il terrazzo non cadde, nè i miei buoni amici con esso. Il tempo passava, ed io non pensava punto punto a spiccarmi di là. Ivi era la felicità; non avrei osato fare un movimento per timore di metterla in fuga. Fulvia mi strinse la mano ancora una volta, poi sciolse il suo braccio dal mio, e rientrò nella camera; i miei amici la seguirono.
      Io rimasi immobile; e mi parve ch'ella fosse già troppo fredda, per aver saputo strapparsi spontaneamente a quella suprema gioia.
      Un momento prima sentiva che quella donna mi amava; l'avrei giurato pel cielo e per la terra. Ed ora, a due passi di distanza, rinascevano tutte le mie dubbiezze. E pensavo:
      - Forse quello ch'io credetti lo slancio irresistibile della passione, non fu che un atto di civetteria. Forse l'avrebbe fatto con un altro come lo fece con me. Infine una stretta di mano non può avere che un valore relativo. Ogni giorno ella stringe la mano a tutti i suoi conoscenti... Fui uno sciocco a lusingarmi per una stretta di mano... Oh! una stretta di mano! Furono molte strette, e furtive! È ben altra cosa. No; senza un grande e prepotente amore, una donna non può far violenza al proprio ritegno fino a stringere furtivamente la mano d'un giovane, che non sa ancora se l'ami. È bensì vero ch'ella doveva saperlo. E tuttavia ecco che se ne va via con indifferenza, e parla e scherza con Giorgio; forse in questo momento stringe la mano a lui come l'ha stretta a me.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





Giorgio Fulvia