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      Fulvia, cara donna del mio cuore, hai tu udita dalla tua stanza solitaria la mia voce commossa mandarti un canto? Era il canto del pentimento, era una preghiera di perdono ch'io volgeva alla lealtà dell'anima tua. E tu mi perdonasti; ed io stesso mi perdonai, perchè, se il primo pensiero avvezzo a prendere norma ne' suoi giudizi dalle convenzioni sociali ha potuto insultarti, il mio cuore ti amava, Fulvia; ti amava col caldo trasporto d'una passione che poteva guardare senza spavento e senza rimorsi il domani e l'avvenire; ti amava di quell'amore impetuoso e vero, e che a tutto sovrasta e tutto purifica.
      Per lunghe ore m'aggirai nelle contrade buie e silenziose adiacenti all'Albergo Milano, mandando alla notte ed a lei canti d'amore.
      Il mio cuore nuotava in un'onda di dolcezze, aspirava soavemente la delizia di sentirsi amato. Ma il mio pensiero irrequieto precorreva con impazienza il domani; preparava il primo incontro ed il correr muto delle nostre braccia a stringerci l'uno all'altra, e l'irrompere delle ferventi parole, per tanta ora frenate in quella sera.
      Passai una notte agitatissima, tormentato da ardenti fantasie. Mi pareva che all'alba volerei da Fulvia. - Ma colla luce venne la ragione, e vidi l'assurdità di comparire alle sei del mattino in casa di una signora, senza averne l'ombra di un diritto.
      Il sonno mi opprimeva, ed il mio capo, affaticato da quella veglia affannosa, aveva bisogno di riposo. Nascosi il volto nel guanciale, e, dopo una breve lotta co' laboriosi pensieri che mi si agitavano, sebbene affievoliti, nella mente, il sonno la vinse.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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