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      - Ma perchè? Cosa v'ho fatto, Fulvia? Siete scontenta di me?
      - Non di voi, Massimo; di me sono scontenta. Avrei dovuto combattere codesto amore; nasconderlo; fuggirvi. Sono stata troppo debole; e voi troppo appassionato: fui troppo facile a svelarlo.
      - Oh, non lo dite! esclamai. È tanto tempo che io vi amo; che ve lo faccio comprendere. - E le schierai una quantità di soavi ricordate? rammentandole ad una ad una le mie mute dichiarazioni, i miei trasporti, le mie speranze, le mie smanie, le mie gelosie...
      Ella mi ascoltava senza cessare di sospirare e di piangere. Erano le lagrime che si danno ad un cadavere da cui si è sul punto di separarsi per sempre.
      Finalmente mi disse:
      - Che avrete pensato di me ieri sera, quando io strinsi furtivamente la vostra mano? Se sapeste come ho sofferto tutta notte ripensando a quell'atto! Come me lo rimproverai!
      - O Fulvia! - Fui così felice in quel momento; non lo rimpiangete. Quello slancio impensato è una prova della vostra lealtà. Voi non conoscete le arti di fingere un'indifferenza provocante, per invitare l'amore a rivelarsi. - Amate e lo lasciate comprendere. Siete buona e sincera. - Non istate a pentirvene; non vi dolete d'avermi fatto felice.
      - Ma io non posso, non debbo farvi felice; - non debbo amarvi - esclamò al colmo dell'angoscia, singhiozzando come un bambino.
      - Perchè non dovete amarmi? Non siete libera?
      - No, Massimo; sono promessa ad un altro che deve essere mio sposo. - E si nascose il volto nelle mani, e si sciolse in pianto.
      Quella parola mi fece un male crudele.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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