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      Ed intanto vedevo col pensiero la giovane artista intenta a scrivere per me una storia, per cui non provavo già più che una lieve curiosità.
      Povera Fulvia! non giudicarmi troppo severamente. È il mio carattere così; - io non so amare che a sbalzi. - Era certo studiando me, che la tua anima passionata inventava l'episodio tempestoso. Sì, il mio amore è splendido ed ardente come il lampo, ma rapido com'esso. - Salgo troppo alto nella sfera della passione, per rimanervi; bisogna ch'io ridiscenda; - ed allora la prosa della realtà mi gela il cuore, - poi mi innalzo di nuovo, ritrovo la luce, ritrovo l'ardore, - ma per perderli e ridiscendere ancora. - Perdonami, Fulvia; io non ne ho colpa; come tu non hai merito del tuo amore più durevole e profondo. È la natura che ci ha fatti così. - Tutto quanto hai diritto a pretendere è ch'io ti riconosca superiore. - E lo riconosco ampiamente.
      La mattina seguente quando mi fu recato il caffè che soglio prendere a letto, vidi sul vassoio un grosso piego che compresi subito essere le confidenze di Fulvia. Confesso che fui sinceramente meravigliato di trovarmi ancora in sì stretto rapporto con lei; tanto nel mio cuore me ne sentivo già moralmente disgiunto.
      Io sono pigro e mi alzo abitualmente assai tardi. Dopo aver preso tranquillamente il caffè, feci aprire le finestre, ravviai i guanciali e le coltri, mi posi a sedere sul letto, ed alla luce d'un bel sole mattutino impresi a leggere quelle pagine colla tranquilla e benevola curiosità con cui si comincia un romanzo d'un autore noto e simpatico; - nè più nè meno.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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