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      Lasciò il piano; venne a fermarsi in piedi dinanzi a me, e mi domandò:
      - È in collera?
      Non sapevo che dire, e presi il partito di non rispondere, di non alzare il capo. Ma la sua voce mi parve meno brutta. In quella, da lontano, nel silenzio delle classi deserte, - perchè a quell'ora, tutte le compagne erano in giardino alla ricreazione, - si udì battere un uscio. La direttrice veniva abitualmente ad assistere alle lezioni di musica, e certo doveva esser lei. Io sentii con terrore la sconvenienza della mia posizione, il maestro pure la sentì perchè riprese curvandosi verso di me:
      - A momenti è qui la direttrice. Via, mi perdoni, e venga a riprendere la lezione.
      Io mi rizzai in fretta, e senza rispondergli, senza guardarlo, tornai al pianoforte.
      Egli mi seguì, sedette, pose le mani sui tasti, poi, invece di riprendere l'accompagnamento interrotto, alzò gli occhi in volto a me, e, con un sorriso che parve trasfigurarlo, mi interrogò:
      - Ed ora cosa facciamo?
      Io presi senza rispondere il fascicolo d'arpeggi che avevo respinto. Era una risposta.
      Colla galanteria che gli era naturale egli accolse quell'atto di condiscendenza come un grande favore, e mi disse:
      - Grazie, signorina; ella è troppo buona; sebbene io non abbia cuore, le sono molto riconoscente del sacrificio che mi fa.
      In quella entrò la direttrice, e la sua presenza m'impedì di rispondere qualche imprudenza.
      Alla lezione seguente la direttrice era in classe quando il maestro entrò. Egli aveva un fiore di vaniglia all'occhiello dell'abito.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172