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      Egli non accennava a nessuna di codeste emozioni; forse non le aveva trovate degne d'una risposta. L'unica parola d'affetto in tutta la sua lettera era una formola di saluto, un luogo comune. Forse una tedesca l'avrebbe trovata abbastanza espansiva. Ma io, nel mio caldo cuore italiano, me ne sentii delusa e quasi offesa.
     
     
     
      XVII.
     
      A questo punto delle confidenze di Fulvia, posai il manoscritto, e mi guardai intorno trasognato.
      Era l'anima sincera di Fulvia che traspariva in quelle confessioni, scevre egualmente di vanità e di falsa verecondia. Era la sua ingenua abitudine di dire la verità ad ogni costo, senza ostentare virtù trascendentali, riconoscendo i proprï torti; considerando le cose nella loro realtà.
      Sentivo che mi aveva aperto tutto quanto il suo cuore, che non aveva più segreti per me.
      Un sentimento nobile e puro, ed un debito di riconoscenza. Ecco tutto il suo passato.
      Ed il punto nero ch'io credevo trovarvi?
      Povera Fulvia! L'avevo commiserata come una colpevole, ed era pura come un lembo di cielo. Povera, povera Fulvia!
      Il sole irradiava la camera avvolgendo gaiamente il mio letto in un'onda di calore e di luce. Il mio cuore era lieto. Mi vestii canticchiando, e sorrisi al sole che rinasceva più bello e più ardente dopo la oscurità della notte, come il mio amore dopo il gelo del sospetto. Lo dissi: - io non so amare che a sbalzi.
      Ma non potevo comprendere che quella freddezza fosse stata solamente in me. Mi pareva che fossimo stati moralmente disgiunti, ed ora ci riunissimo; sentivo il bisogno di essere assicurato ch'ella mi amava ancora.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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