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      Finalmente udii ruotare una carrozza in lontananza.
      È l'omnibus, pensai. E corsi alla porta, e scesi una scala a precipizio. Al primo piano scontrai un cameriere che mi guardò meravigliato perchè non avevo cappello. Poi, come risovvenendosi d'una causa che avrebbe potuto farmi scendere così, mi chiese:
      - Scende a colazione? La sala è a pian terreno, a destra.
      Io arrossii di quella mia espansione come d'una volgarità; tanto le convenienze finiscono per imporsi anche agli animi più appassionati.
      Rimasi un momento immobile senza poter profferire una parola. Sentivo il veicolo passare dinanzi alla porta dell'albergo, e tirar via senza fermarsi; non era l'omnibus. Il cameriere tornò a dire:
      - Desidera scendere a colazione?
      Dovevo pur giustificare quella corsa precipitosa giù dalle scale. Mi rassegnai e scesi in sala da pranzo. Di là non vedevo in corte. Udii entrar l'omnibus, senza poter guardare chi ci fosse. Il servizio delle tavole fu rallentato un momento; segno che i camerieri erano occupati fuori a ricevere i forestieri. Dunque c'erano dei forestieri. Chi sa?
      Quando venne il cameriere domandai:
      - È giunta la posta? Non osavo prendere l'argomento di fronte.
      - Sissignora; è giunta, ma per lei non c'è nulla.
      Il cuore mi battè più forte. Non aveva scritto; doveva esser venuto.
      - Nessuno ha domandato di me? chiesi guardando nel mio piatto.
      - Nessuno, signora.
      Non mi restava altro da domandare. Eppure Max avrebbe dovuto cercare di me appena giunto: accertarsi se ero là, in quell'albergo. Ma no; lo sapeva.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





Max