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      E pensavo:
      - Una donna che abbia un amante, che conviva seco, ma gli sia fedele, è più onesta di me che mento a due innamorati, ed alla società. Ecco a che sono ridotta.
      Piangevo di vergogna, di rimorso, della disperante impossibilità di cancellare dalla mia vita quel passo fatale.
      E pensavo a quei romanzi che fanno tanto dispetto a leggerli, perchè vi si vedono esseri che potrebbero essere felici, purchè si spiegassero francamente, ed invece si sacrificano per una fedeltà esagerata, ad un principio e ad una promessa che farebbero assai meglio a revocare, nell'interesse stesso della persona a cui l'hanno impegnata. Noi eravamo appunto in quella circostanza. Ci sacrificavamo; perchè? Per fare un romanzo?
      Avremmo potuto essere felici, sposarci, amarci tranquillamente. Gualfardo non ne sarebbe morto; lo sapevo bene. Eppure non mi sentivo il coraggio di dirgli:
      - Dopo quanto avete fatto per me, malgrado il vostro nobile carattere, la vostra generosità, il vostro animo leale, la vostra fedeltà, il vostro rispetto per la mia gioventù abbandonata, malgrado tutto ciò, io vi sono stata infedele moralmente, e vi ridomando la mia parola per esserlo in fatto. Voi foste tutto per me; in compenso io non voglio esser nulla per voi. Ho trovato un uomo il cui ingegno mi affascina; un uomo dal carattere impetuoso e giovanile; un uomo che ha le virtù ed anche i difetti che non avete voi. Io voglio quei difetti, voglio quelle virtù, voglio quell'uomo. Che importa se sono egoista ed ingrata? Rinunciate ai vostri progetti d'avvenire; rinunciate a me che sceglieste fra tante; io non voglio combattere i miei sentimenti, io voglio essere felice.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





Gualfardo