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      Forse era un senso d'amor proprio ferito; allora non studiai le mie impressioni; ma mi dolse all'anima di non sentirmi rimpianta neppure con una parola. Pensai quanto era freddo per aver sopportato così filosoficamente la scoperta ch'io amavo un altro: e dissi nel mio cuore che non aveva nessun amore per me, dacchè si rassegnava così. Non potei a meno di dirglielo:
      - Voi non mi amate, Gualfardo.
      - Perchè me lo domandate, dacchè amate un altro?
      È vero. Non avevo diritto di lagnarmi. Ma provavo, più forte della mia ragione, una specie di civetteria sentimentale, che ambiva di eccitare un rimpianto in quel cuore che era stato mio per tanto tempo.
      - Ve lo domando pel passato, risposi. Ah! per rassegnarvi così freddamente bisogna che non mi abbiate amata mai.
      - Fulvia, volete dire che ho mentito con voi? Avete ragione di dirmelo?
      Mio Dio! Ero io che avevo mentito. Rimasi umiliata. La lealtà della sua condotta era un rimprovero alla mia.
      Avrei dovuto consolarmi di veder passare così liscia quella scena che m'avea preoccupata e spaventata tanto. Ed invece soffrivo.
      - Mi sarete amico egualmente? gli domandai.
      - No, Fulvia, mi rispose. Dovete vincere quelle irresolutezze del vostro carattere, che vi fa sempre appigliare ai mezzi termini. Abbiate il coraggio dei vostri sentimenti. Non si può aver un amico ed un amante. Sono due affetti che si somigliano troppo. Non mi amate più? Amate un altro? Lasciatemi. Siate di quell'altro. Non ci rivedremo più. Almeno non cercheremo più di vederci. Coraggio.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





Gualfardo Dio Fulvia