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      Ma ciò non è possibile. Ed a qualunque di noi vi appigliaste, siatene certa, Fulvia, voi fluttuereste sempre fra l'uno e l'altro, in una alternativa incessante d'aspirazioni e di rimpianti.
      Io tenevo il capo abbassato; sentivo la verità di quel giudizio, e piangevo amaramente in silenzio.
      Eravamo giunti alla porta della mia casa; egli mi stese la mano dopo avere staccato il mio braccio dal suo, e mi disse:
      - Addio, Fulvia.
      Io avevo pieno il cuore, piena la mente di un mondo di cose da rispondergli. Era una riconoscenza infinita, ed un profondo pentimento.
      Alzai gli occhi, ma il suo sguardo limpido e leale mi paralizzò. Mi sentii avvilita dinanzi a lui, non potei che rispondergli piangendo:
      - Addio, Gualfardo.
      E lo vidi allontanarsi per sempre.
     
     
     
      XXXI.
     
      Fu una notte orribile per me, nella quale il mio cuore non cessò un momento di battere lento e forte come una campana sepolcrale.
      Sentivo il vuoto intorno a me; eppure ben altri dolori m'aspettavano.
      Mi ero alzata presto dopo quella notte di veglia e di pianto, e dalla mia finestra guardavo sbadatamente nella via.
      Mentre stavo assorta così, sentii prendermi per la vita e baciarmi sui capelli.
      Era il babbo; ed era tanto pallido che, appena l'ebbi veduto, tutte le mie preoccupazioni svanirono; non provai che lo spavento di vederlo cadere in deliquio.
      - Mio Dio, babbo, come sei pallido! Che hai? Stai male? - gli chiesi tremando di spavento; e lo feci sedere sul mio sofà, gli proposi di fargli il caffè, di andare pel medico, e che so io altro.
      - No; mi rispose trattenendomi, non mi occorre nulla.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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