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      Al mio club si ricevevano moltissimi giornali, e c'erano degli alpinisti appassionati che raccoglievano tutte le notizie di ascensioni pericolose.
      Ma nulla di notevole, e sopratutto nessuna disgrazia aveva accompagnato le ultime gite al Monte Bianco.
      Questo non mi calmò. Conoscevo il carattere di Fulvia. Profondamente onesta, era incapace di avermi scritto una cosa che doveva addolorarmi, senza essere ben decisa a quanto annunciava.
      D'altra parte la lentezza e la calma con cui aveva presa quella risoluzione, la freddezza con cui ne parlava, provavano la sua profonda delusione, lo sconforto che le era entrato nel cuore.
      Fulvia, malgrado le angoscie del dubbio, che sono l'eterno tormento dell'umano pensiero, era profondamente religiosa. Il materialismo, - che per lei era la mortalità dell'anima, il nulla, - le faceva orrore.
      Tuttavia la sua religione non poteva averla trattenuta dal passo fatale che mi annunciava. Altre volte avevamo parlato del suicidio. Ella non lo credeva una colpa, in una persona che non è utile a nessuno sulla terra.
      - È un atto di coraggio, mi diceva. Quelli che chiamano il suicidio una viltà non possono esserne convinti. Mi sembrano certe mamme che dicono ai loro bimbi:
      Badate a non far capricci, perchè codesto fa diventar brutti." - Essi dicono alle masse: "Se qualcuno di voi si uccide, il mondo lo chiama vile." Ma è un inganno pietoso che gettano dall'alto della loro sapienza a noi ignoranti, per impedirci di ucciderci. L'attaccamento alla vita e il terrore dell'ignoto sono due istinti possenti in noi.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





Monte Bianco Fulvia