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      Ad ogni modo, pensavo che troverei sempre una gola spalancata, o quanto meno un ripido declivio per lasciarmi precipitare in un momento di libertà. Le stesse cautele mi guarentivano la certezza dei pericoli. Soltanto decisi di compiere l'ascensione, di godere ancora quell'ultimo solenne spettacolo, e di studiare la via, di scegliere coraggiosamente il mio punto, e di lasciarmi precipitare soltanto nella discesa, quando mi fossi ben accertata che la caduta sarebbe mortale.
      Nulla mi spaventava di più che l'idea d'esser rialzata, mezzo gelata, colle gambe rotte, per passare anni ed anni di dolorosa inedia, sopravvivendo miseramente a me stessa.
      I due compagni di viaggio che avevo trovati a Chamounix erano due capi scarichi. Non avevano nessuna individualità. Uno posava, e l'altro l'imitava. Erano di quelle persone nulle, che si praticano, che si chiamano oneste, perchè in ogni occorrenza possono mostrar la fedina criminale, e provare che non hanno mai avuto maglia a partire colla giustizia; ma non valgono la pena di essere studiati più di così.
      Tuttavia, ero raccomandata ad essi, dovevamo fare la salita insieme, erano volgarmente cortesi, e di buon umore, e si stabilirono tra noi quei rapporti di apparente cordialità che erano inevitabili in quelle circostanze.
      Partimmo animati da un vero entusiasmo. - Quando alla Pietra della Scala vidi che si passavano le corde per legarci tutti insieme colle nostre guide prima d'entrare nel ghiacciaio dei Bossons, incominciai a domandarmi seriamente, come era possibile di precipitare in un abisso con quelle precauzioni.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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