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      Quest'idea mi preoccupò pel resto del viaggio fino ai Grand-Mulets. Avevo traversato ponti di neve larghi appena come il piede di un uomo; avevo costeggiato precipizi di cui non si vedeva il fondo; ma le guide erano là colla corda tesa. Se il ponte fragile si fosse spezzato sotto un urto violento del mio piede, se avessi scivolato entro la gola spalancata d'un precipizio, avrebbero tirato la corda, m'avrebbero tenuta sospesa, e sarei stata salva.
      Ai Grand-Mulets trovammo una specie di casupola dove entrammo, per mangiare e riposarci. Non dovevamo riprendere la grande salita che dopo la mezzanotte.
      All'entrare in quella capanna indietreggiai spaventata. Credetti vedere uno spettro. Era una grande figura d'uomo colle gambe nascoste entro immensi stivali che salivano sino al ginocchio, un ampio soprabito a lungo pelo che dissimulava le forme del corpo; - ed uno di quegli orribili passa-montagne di lana scura, che usano i viaggiatori di professione nei lunghi viaggi di notte, gli copriva intieramente il capo ed il volto.
      I miei compagni di viaggio non ne fecero meraviglia.
      - Qui è il luogo delle stranezze, mi dissero. I touristes sono tutti stravaganti, e quando non lo sono vogliono parerlo.
      Quello strano personaggio era accompagnato da due guide.
      - Il signore sale al Monte Bianco? domandò quello fra i miei compagni che posava per edificazione dell'altro.
      L'interrogato guardò una delle sue guide, che rispose per lui:
      - Il signore non parla che tedesco. È stato già sul Monte Bianco; ne discende.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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