Pagina (164/172)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Quella primavera aveva compiuto la sua opera, che credeva un miracolo. Egli ne aveva parlato tanto; aveva creato una grande aspettazione, si figurava di diventare da un giorno all'altro un grand'uomo. Invece la sua opera era caduta. Allora aveva voluto morire; era salito sul Monte Bianco, e giunto al grande altipiano, - mentre guide e viaggiatori si riposavano facendo colazione, - egli si era allontanato verso sinistra, dalla parte delle Roccie Rosse, e si era precipitato in un crepaccio, da cui fu tratto a grande stento cadavere, stecchito, come una massa di ghiaccio. - Tutto questo mi disse la guida in un lungo racconto.
      Un altro aveva avuto prima di me l'idea del suicidio sul Monte Bianco. Non c'č nulla di nuovo sotto il sole.
      Questo contrariava il mio progetto. Io non avevo pensato al ritrovamento ed allo spoglio del cadavere. Contavo rimanere sepolta tra quei ghiacci eterni, e, come vi dissi, avevo portato meco le lettere di Gualfardo, l'unica cosa che amassi ancora sulla terra, perchč fossero eternamente con me.
      Le avevo riunite in un piego, e, non so per quale sfogo dell'anima, in quel momento d'emozione suprema, ci avevo scritto:
      Gualfardo! Per quanto t'ho amato, per quanto ho sofferto, perdonami di non renderti questi ultimi preziosi ricordi, perdonami di seppellirli con me fra quei ghiacchi eterni, da cui ti volgerņ il mio ultimo pensiero; dove morendo per te, ti benedirņ pel bene che hai fatto al mio povero babbo, pel male ch'io t'ho fatto, pel tuo nobile cuore. Perdonami, Gualfardo, perdonami.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





Monte Bianco Roccie Rosse Monte Bianco Gualfardo Gualfardo