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      Ma poiché egli sapeva meglio quel che conveniva, seguimmo il nostro cammino, finché giungemmo a Belporto, dove fummo costretti ad abbandonare il naviglio Vizcaino per la molta acqua che faceva, perché aveva il piano tutto consumato e pertugiato dalle biscie.
      E, seguendo la costa all'in su, ascendemmo, finché passammo più oltre il porto del Retrete e d'un paese a cui erano vicine molte isolette, le quali l'Ammiraglio noma le Barbe, ma gl'Indiani e i piloti chiamano tutto quel contorno del cacico Pocorosa. Quindi passati più oltre, al fine che vedemmo di terra ferma chiamò Marmo quello spazio che v'era di 10 leghe dalle Barbe. E poi il lunedì al I° di maggio del detto anno 1503 prendemmo la via di tramontana con venti e correnti dalla banda di levante, perché procacciavamo sempre di andare più al vento che potevamo. E ancorché tutti i piloti dicessero che noi saremmo passati al levante delle isole dei Caribi, l'Ammiraglio nondimeno temeva di non poter neppure prendere la Spagnola. Il che si verificò: perché il mercoldì ai 10 dello stesso mese di maggio andammo a vista di due molto piccole e basse isole, piene di testuggini, di cui il mare all'intorno tutto era pieno, sì che parevano scoglietti, e perciò alle dette isole fu posto nome le Testuggini e, passando di lungo alla via di tramontana, il venerdì seguente sul tardi, 30 leghe quindi lontani, arrivammo al Giardino della Rejna, il che è una quantità molto grande d'isolette che giacciono al mezzodì dell'isola di Cuba.
      Ed essendo qui sorti 10 leghe lontani da Cuba con assai uomini e travagli, perché non avevam che mangiare, eccetto biscotto e qualche poco d'olio e d'aceto, e faticando il dì e la notte per seccar l'acqua con tre trombe, perché i navigli andavano a fondo per le molte biscie che li avean forati, sopravvenne di notte una gran fortuna, per la quale non potendo la nave Bermuda sostenersi sopra le sue ancore e provesi, caricò sopra di noi, e ci ruppe tutta la prua, ancorché neppur essa rimanesse sana in tutto, perché perdé tutta la poppa fin quasi alla lemeta, e, con gran travaglio della molta acqua e del vento, piacque a Dio che si sciogliessero l'una dall'altra, e, gittate in mare tutte le ancore e gli agumini che avevamo, niun bastò per fermar la nave, fourché la fermaressa, il cui cavo, quando aggiornò, noi trovammo in guisa tagliato, che non si teneva se non con un filo, il quale, se durava più un'ora la notte, finiva anch'esso di tagliarsi; ed essendo tutto quel luogo spredo e pieno di scogli, non potevamo fuggire di sdruscire in alcuni di loro che avevamo per poppa.


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Historie del S.D. Fernando Colombo
(Vita di Cristoforo Colombo)
di Fernando Colombo
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