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      Ma tornando ai sollevati, dico che Pietro de Ledesma, quel piloto di cui abbiamo detto di sopra, che andò con Vincenzo Jañez Pinzón ad Honduras, e che nuotò in terra a Betlem, cadde qui per alcune balze, e stette ascoso quel dì e il seguente fino al tardi, senza che alcuno sapesse di lui, né gli desse aiuto, eccetto gl'Indiani: i quali con maraviglia, non sapendo come tagliavano le spade nostre, gli aprivano con stecchi le ferite, delle quali una aveva in testa, per cui gli si vedeva il cervello, e un'altra in una spalla, che n'era quasi dispiccata, sicché gli pendeva tutto il braccio, e aveva appresso una coscia tagliata presso l'osso e un piede come se gli fosse stata posta una suola sotto, o pianella, tagliata dal calcagno alle dita. Con tutti questi danni, quando gl'Indiani gli davano impaccio, diceva, Lasciatemi stare, che, s'io mi levo su, vi farò, ecc., ed essi per queste sole parole si mettevano a fuggire pieni di spavento. Ma, essendosi ciò inteso nei navigli, fu portato in una casa di paglia, che era ivi appresso, ove l'umidità e i moscioni bastavano a finirlo. Quivi, invece di trementina, a ciò necessaria, gli abbruciavano le ferite con olio, le quali furono tante, oltre a quelle che abbiamo dette, che giurava il cerusico, che ogni dì degli otto primi che lo medicò gli trovava nuove ferite; e all'ultimo pur guarì, morendo il maestro di sala, del cui male niuno temeva.
      Il dì seguente, che fu lunedì ai 20 di maggio, tutti quelli che si erano salvati mandarono una supplica all'Ammiraglio, supplicandolo umilmente a voler usare con loro misericordia, perché si pentivano di quel che avevano commesso, e volevano venire alla sua obbedienza.


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Historie del S.D. Fernando Colombo
(Vita di Cristoforo Colombo)
di Fernando Colombo
pagine 337

   





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