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      E giunsono presso a Bibbiena, a uno luogo si chiama Campaldino, dove erano i nimici: e quivi si fermorono, e feciono una schiera. I capitani della guerra misono i feditori alla fronte della schiera; e i palvesi, col campo bianco e giglio vermiglio, furono attelati dinanzi. Allora il Vescovo, che avea corta vista, domandò: "Quelle, che mura sono?". Fugli risposto: "I palvesi de' nimici".
     
      Messer Barone de' Mangiadori da San Miniato, franco et esperto cavaliere in fatti d'arme, raunati gli uomini d'arme, disse loro: "Signori, le guerre di Toscana si soglìano vincere per bene assalire; e non duravano, e pochi uomini vi moriano, ché non era in uso l'ucciderli. Ora è mutato modo, e vinconsi per stare bene fermi. Il perché io vi consiglio, che voi stiate forti, e lasciateli assalire". E così disposono di fare. Gli Aretini assalirono il campo sì vigorosamente e con tanta forza, che la schiera de' Fiorentini forte rinculò. La battaglia fu molto aspra e dura: cavalieri novelli vi s'erano fatti dall'una parte e dall'altra. Messer Corso Donati con la brigata de' Pistolesi fedì i nimici per costa. Le quadrella pioveano: gli Aretini n'aveano poche, et erano fediti per costa, onde erano scoperti: l'aria era coperta di nuvoli, la polvere era grandissima. I pedoni degli Aretini si metteano carpone sotto i ventri de' cavalli con le coltella in mano, e sbudellavalli: e de' loro feditori trascorsono tanto, che nel mezo della schiera furono morti molti di ciascuna parte. Molti quel dì, che erano stimati di grande prodeza, furono vili; e molti, di cui non si parlava, furono stimati.


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Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi
di Dino Compagni
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