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      Molti feciono di strane cose in quel furore. Il podestà e la sua famiglia fu in gran fortuna, il quale avea menata seco la donna, la quale era in Lonbardia assai pregiata e di grande belleza; la quale col suo marito, sentendo le grida del popolo, chiamavano la morte fuggendo per le case vicine, ove trovarono soccorso, essendo nascosi e celati.
     
      Il dì sequente, si raunò il Consiglio; e fu diliberato, per onore della città, che le cose rubate si rendessono al podestà, e che del suo salario fusse pagato. E così si fe': e partissi.
     
      La città rimase in gran discordia. I cittadini buoni biasimavano quello che era fatto; altri dava la colpa a Giano, cercando di cacciarlo o farlo mal capitare; altri dicea: "Poi che cominciato abiamo, ardiamo il resto": e tanto romore fu nella terra, che accese gli animi di tutti contro a Giano. E acciò consentirono i Magalotti suoi parenti; i quali lo consigliorono che, per cessare il furore del popolo, per alquanti dì s'assentasse fuori della terra: il quale, credendo al loro falso consiglio, si partì; e subito li fu dato bando; e condannato nell'avere e nella persona.
     
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      Assetto delle cose dopo cacciato Giano. Dissensi fra i Grandi e l'inviato imperiale Gianni di Chalons. Trame di questo co' Ghibellini e co' Guelfi; e fine della sua commissione (1295).
     
      Scacciato Giano della Bella a dì V di marzo 1294 e rubata la casa e meza disfatta, il popolo minuto perdé ogni rigoglio e vigore, per non avere capo; né a niente si mossono. I cittadini chiamarono per Podestà uno che era Capitano.


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Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi
di Dino Compagni
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