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      Ma perché troppo sospetto mostrava il negarlo, diliberamo che tre di noi v'andassimo, e gli altri rimanesson in palazo.
     
      Messer Carlo fe' armare la sua gente, e posela alla guardia della città alle porti dentro e di fuori: però che i falsi consiglieri gli dissono che dentro non potrebbe tornare, e che la porta li sarebbe serrata. E sotto questo protesto aveano pensato malvagiamente che se la Signoria vi fusse ita tutta, d'ucciderci fuori della porta, e correre la terra per loro. E ciò non venne loro fatto, perchéè non ve ne andorono più che tre; a' quali niente disse, come colui che non volea parlare, ma sì uccidere.
     
      Molti cittadini si dolsono di noi per quella andata, parendo loro che andassono al martirio. E quando furono tornati, lodavano Iddio che da morte gli avea scanpati.
     
      I signori erano stimolati da ogni parte. I buoni diceano, che guardassono ben loro e la loro città: i rei li contendeano con questioni; e tralle domande e le risposte il dì se ne andava: i baroni di messer Carlo gli occupavano con lunghe parole. E così viveano con affanno.
     
      Venne a noi un santo uomo, un giorno, celatamente e chiuso, pregocci che di suo nome non parlassimo, e disse: "Signori, voi venite in gran tribulazione, e la vostra città. Mandate a dire al vescovo facci fare processione, e imponeteli che la non vada oltrarno: e del pericolo cesserà gran parte". Costui fu uomo di santa vita e di grande astinenzia e di gran fama, per nome chiamato frate Benedetto. Seguitammo il suo consiglio; e molti ci schernirono, dicendo che meglio era arrotare i ferri.


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Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi
di Dino Compagni
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