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      Gabriele Caligaris guardava come incantato. Molte volte egli era stato testimone degli sgarbi che Leona aveva fatto al giovane; e anche il giorno avanti, o non era stata lei che gli aveva applicato quel colpo che l'aveva messo a letto chi sa per quanto tempo? E ora!... Ah, le donne, le donne! - pensava il Caligaris scuotendo il capo, con gli occhi ancora fuori del capo per la meraviglia.
      La bella Leona si installò in casa del conte Cappello. Era lei che gli preparava i brodi; lei che gli rinnovava la vescica di ghiaccio sulla testa; lei che gli applicava i senapismi e gli faceva pigliare le medicine. A volte, specialmente verso sera, la febbre tornava al giovane, che dava in ismanie disperate: Leona gli sedeva accanto, gli asciugava la fronte umida e ardente, gli porgeva da bere, lo confortava con le buone parole e con i baci. Quando Paolo accennava di voler riposare, ella si buttava sul divano e sonnecchiava; ma a una voce, a un soffio del malato, balzava in piedi, gli si accostava, gli domandava ansiosamente se desiderasse qualcosa, non si stancava di prodigargli tutte le cure più umili e più affettuose.
      Le notti cominciavano a diventare lunghe e un po' rigide. Fino a ora tarda Leona rimaneva a tenere compagnia all'infermo, che andava migliorando: gli leggeva dei libri, gli raccontava una parte della sua vita, gli cantava delle canzoni del suo paese, per addormentarlo, com'ella diceva con un bel sorriso infantile.
      Una sera Paolo le domandò:
      - Ma come sei venuta, dopo quello che c'è stato?


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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