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      E perché non reggeva più alla voglia di baciarla, si guardava attorno per vedere se ci fosse nessuno; poi si svincolava da lei e lì, in mezzo alla strada, le prendeva la testa fra le due mani, e le premeva la bocca sulla bocca, lungamente, silenziosamente.
      - Ay de mi! - gridava lei, ridendo e dibattendosi; e ripigliavano insieme la strada, felici.
      Vivevano così, soli, lontani dal mondo, senza ricevere e senza dare notizie, come in un sogno. Leona non si stancava di godersi la sua casa e il suo amore: non usciva che la domenica, per andare ad ascoltare la messa. Del resto ella provava una gioia infantile a passeggiare sui suoi tappeti morbidi e alti, dove i piedini calzati di babbucce turche affondavano; a stendersi sui suoi divani coperti di pelle di belve che emanavano un profumo acre e penetrante; di toccare i grandi arazzi di raso nero rilevati a guerrieri panciuti e deformi, tutti d'oro, del salotto giapponese; a fiutar tutte le essenze della stanza da bagno, dove gli odori più acuti e più languidi invitavano a sognare e ad amare.
      Non punto avvezza a tutti questi raffinamenti del lusso, passava delle ore a esaminare a uno a uno gli innumerevoli gingilli dell'appartamento, quando Paolo usciva solo, per impostare qualche lettera o per fare qualche acquisto. Prendeva in mano le statuine di terracotta e di bronzo, i vasi di maiolica pieni di fiori freschi, i ventagli colorati come grandi farfalle, i parasoli bizzarri, i piatti antichi delle pareti; e stava a osservarli, pensosa.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





Paolo Leona