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      Amalia era una compagna d'arte di Leona: nella compagnia faceva degli esercizi sul trapezio. Raccontò in breve che il direttore, finita la stagione di Roma, aveva sciolto la compagnia: lei non aveva trovato scrittura, ed era venuta a Napoli, sapendo che c'era la sua amica Leona.
      - Ho detto fra me: se Leona è ricca - te lo meriti, oh questo sì: - e volgendosi a Paolo - creda, signore, che se lo merita: un fiore, un vero fiore! - dunque, se è ricca lei, non vuol dire che sia diventata di cuore duro, come tante che conosco io, che quando riescono a trovare il merlo che le mantenga - scusi, sa, non dico per lei - mettono su muffa, e non rispondono neanche al saluto delle colleghe.
      Il conte, che era rimasto ad ascoltare, con mal represso fastidio, tutto questo sproloquio, alla fine fece un passo avanti e, squadrando dall'alto in basso la nuova venuta, le domandò seccamente:
      - Scusi, ma lei chi è?
      - O bella! - esclamò colei rivolgendosi a Leona - mi domanda chi sono? Sono l'amica di Leona, sono: tu mi conosci, eh? non è vero che mi conosci? E sono una donna onesta, sa, io: oh per quello non dubiti! Informazioni, quante ne vuole! Povera, non vuol dire: la nascita è un caso, lei me lo insegna...
      - Probrecita... ha ragione! - mormorava intanto Leona all'orecchio di Paolo, il quale guardava in aria masticando il suo sigaro, e diventava ogni momento più pallido. E, senza neppure interrogare il suo amico:
      - Perché non vieni su a cenare con noi? - disse ad Amalia.
      - Magari! - rispose l'Amalia con un accento che veniva dal cuore.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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