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      Era divenuto acre e nervoso: non gli si poteva più dire una parola, senza che andasse su tutte le furie: la povera Leona tremava, appena lo sentiva tornare in casa. Le sue angustie economiche crescevano ogni giorno: cambiali protestate, lettere minacciose di creditori, amici che ricusavano di prestargli ancora denaro, vecchi conti dimenticati che tornavano a galla, tutto questo sovreccitava il giovane che, senza osare di accusare apertamente Leona, come l'accusava in cuor suo, dei suoi dissesti, la puniva maltrattandola senza ragione.
      Ella soffriva e taceva; ma si era accorta da un pezzo che l'amore di Paolo andava scemando ogni giorno, e ciò l'accorava più di tutte le cattiverie, più di tutti gli sgarbi. Egli in casa non conosceva più neanche quella pacatezza del gentiluomo, che aveva mostrato sempre e seguitava a mostrare in pubblico. Era smanioso e collerico; gridava per nonnulla; se si rompeva un bicchiere, se la minestra era fredda, se un ordine non era eseguito, erano urli, smanie, proteste che a quel modo non si poteva più andare avanti, al punto che perfino Marianna, in cucina, si sfogava con la signora:
      - Ma esso che ha? è diventato il diavolo?
      Leona si asciugava di nascosto gli occhi sempre pieni di lacrime, e pregava, pregava ardentemente il Signore, ogni sera prima di andare a letto, ogni domenica in chiesa, ginocchioni per ore e ore, che gli rendesse l'amore del suo amico. Ma codeste preghiere erano fatte senza convinzione, perché senza speranza. Ella sapeva che il Signore non poteva permettere che ella seguitasse a vivere in peccato mortale; e piangeva così, rassegnata, con un gran vuoto nel cuore, aspettando che accadesse quello che fatalmente doveva accadere.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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