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      E, quasi inconsapevolmente, si rimirò nello specchio che gli stava dirimpetto, e sorrise a fior di labbra.
      Una voce gli disse:
      - Come? siete qui, voi? mia moglie mi aveva detto che sareste andato alla sala Dante.
      Paolo si ricordò. La sera avanti egli aveva promesso alla Moos di andare al concerto di musica ebraica annunziato dai cronisti mondani come un avvenimento; poi, svegliatosi con il pensiero della visita a Leona, il concerto gli era passato di mente. Rispose al banchiere:
      - È vero, dovevo andarci; ma poi sono sopraggiunte delle circostanze...
      - Affari di cuore eh? Gioventù, gioventù! - esclamò il banchiere scrollando tutto il suo corpo badiale in un riso di indulgente superiorità.
      Il conte Paolo Cappello non rispose nulla; ma con i suoi occhi grigi e un po' miopi guardò così sottilmente il banchiere, di sotto in su, che quello, un po' imbarazzato, non trovò miglior modo di uscirne che di prendere commiato.
      - Arrivederci, dunque, eh?... E buona fortuna!...
      Paolo lo guardò allontanarsi, le braccia conserte, in atto di profondo disprezzo. Poi, di nuovo, diede un'occhiata all'oriolo. Erano le quattro.
      - Andiamo! - mormorò. E si levò in piedi. Un cameriere gli si avvicinò rispettosamente, lo aiutò a infilarsi la pelliccia e gli porse i fiori e l'ombrello. Paolo salutò qualche conoscente, che sedeva alla tavola vicina, e uscì.
      Una vettura chiusa lo trasportò rapidamente ai quartieri alti; in via Varese tornò a guardare l'oriolo: erano appena le quattro e mezzo. La vettura si fermò davanti il villino.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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