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      Il carnevale passò senza incidenti degni di considerazione. Come tante altre belle cose caratteristiche uccise dalla smania positiva e livellatrice del nostro secolo, anche il carnevale romano ora è morto; e qualche veglione funereo nel teatro Costanzi e lo spettacolo inanimato dei moccoletti, l'ultima sera, non bastano neppure a ricordarne la tradizione. Ciò nonostante, Paolo e Leona vollero prendere parte alla battaglia dei moccoletti.
      Avevano tolto in affitto una loggia sul Corso, presso l'albergo di Roma. Verso sera, quando l'arco del cielo cominciava a diventare pallido e verso piazza Venezia i fanali si accendevano, Leona si affacciò. La via era piena di gente che andava e veniva, in maschera o senza; a piedi, in carrozza, su carri variamente addobbati, dei mazzettacci volavano da un balcone all'altro, dalle carrozze e dai carri ai balconi, dai balconi sulla via. Un fragore indistinto e confuso, un'animazione nuova saliva e si diffondeva dalla folla che circolava a stento. E la voce dei venditori di moccoletti si udiva rauca e nasale, in mezzo a quell'onda tumultuosa di popolo: - Moccoli! moccoletti! - Sugli usci, dalle finestre, dai carri, in mezzo alla via, uomini, donne, fanciulli, arlecchini, pulcinelli, diavoli, maghi, tutti compravano i lunghi moccoli sottili, ridendo, correndo, gesticolando, unendosi a coppie o a brigate. Risa e grida partivano anche dalle logge piene di gente, ove delle signore giovani alzavano le braccia, si chinavano sul parapetto, strillavano a quelli che passavano per via, rientravano in casa e riapparivano fuori.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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