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      Improvvisamente gli era venuto un pensiero: quel giorno, la società delle corse alla volpe, a cui apparteneva la Moos, si era dato convegno alla tomba di Cecilia Metella. Come mai non ci aveva pensato, la mattina? E ora gli seccava che dei suoi amici potessero vederlo con Leona: pareva quasi che avesse voluto attestare in faccia a tutti la sua buona fortuna. E l'idea di poter essere accusato di una vanità così meschina, gli dava una noia indicibile. E poi anche...
      - Ho una fame che la vedo per aria - saltò su Leona. E, volta a Paolo: - E tu non hai fame? - gli domandò.
      - Sì, anch'io: guardiamo un po' dove si può trovare da mangiare - disse Paolo.
      Poco lontano di lì, una rozza insegna, tra due frasche, sorgeva, con la leggenda: Osteria dei cacciatori. I due giovani entrarono; attraversarono un viale tutto bianco e fiancheggiato ai due lati di un orto, e si fermarono sulla soglia di un androne, dove un cane lupetto bianco abbaiava furiosamente. Una donna grassa, ancora giovane, guercia da un occhio, venne incontro a loro con un sorriso pieno di garbo.
      - Che c'è da mangiare? - domandò Paolo.
      La donna rispose:
      - Vogliono una frittata, del formaggio, delle radici?... Abbiamo poi il vino che è buono assai.
      - Va bene - disse Leona, entrando: - fateci la frittata; ma presto.
      - Subito, signora - gridò la donna, correndo verso la cucina.
      Leona era divenuta pensosa. Guardava intorno quell'antica costruzione che doveva essere l'avanzo di un tempio o di una terma, e si sentiva così lontana dal mondo, così sola con l'amore suo, in quel luogo dove nessuno sarebbe andato a scovarli!


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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