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      - gli domandò la donna, arrestando a un tratto il torrente delle sue lacrime.
      - Mah, cara amica, che t'ho da dire? - rispose Paolo che riusciva appena a dissimulare quanto gli urtasse i nervi quel colloquio. - Tu sai com'è andata la faccenda. Io fui l'amante di quella creatura, l'anno passato, a Napoli, per qualche mese: quest'anno, di ritorno a Roma, l'andai a trovare come un buon amico, e null'altro. Che ci posso fare io se quell'idiota di Caligaris, perché mi trova in casa di lei, si lascia pigliare da un accesso di ridicola gelosia, e la mette alla porta? Capirai che io non potevo lasciare in mezzo alla strada una donna che aveva l'aria di aver perduto il pane per causa mia...
      - E perché eravate insieme sulla via Appia? - singhiozzò ancora la donna.
      - Perché... perché... L'ho accompagnata, perbacco! Non è questa la prima volta che accompagno una donna a passeggio...
      - No, no, è inutile: tu mi tradisci, tu mi tradisci! - ricominciò a gridare la signora Vittoria. - E ora che ne farai di quella donna? - domandò inquieta.
      - Dio buono! la terrò in qualche luogo finché non le abbia procurato un posto... che so? in qualche teatro, per esempio...
      La signora Vittoria lo guardò fisso, come per leggergli in cuore le sue vere intenzioni, i suoi sentimenti sinceri; e certo non ci dovette trovare quello dell'amore per la Leona. Si levò, andò a sedere vicino all'amante, e avvolgendogli le braccia intorno al collo, gli disse:
      - Dimmi che mi ami, Paolo! dimmi che ami me sola, tesoro!
      - Sì, cara, amo te sola - mormorò lui rendendogli il bacio che ella gli dava.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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