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      Ella non si lamentava mai di non accompagnare il suo amante: egli, peraltro, non le faceva mai una scusa, né le dava una spiegazione: al più, in qualche momento di maggiore espansione, le accennava vagamente ai suoi pochi mezzi, alla necessità di non farsi vedere troppo insieme dalla gente, e concludeva i suoi discorsi con un bacio che la povera donna aveva più caro di qualunque viaggio.
      Mentre Paolo Cappello era fuori di Roma, Leona faceva la vita più semplice che si possa immaginare. Lavorava di cucito, teneva la casa in ordine, non riceveva nessuno, non vedeva nessuno. La mattina aspettava la posta con grande ansietà, sperando sempre che le giungesse una lettera del suo amico; ma la lettera giungeva di rado: era breve, secca, frettolosa. Leona si sentiva alla gola un nodo di lacrime; ma rispondeva subito con una lunga lettera ardente di passione e di dolore, che faceva scrollare le spalle al bel conte quando egli la riceveva in una Rotonda di bagni o nella sala di bigliardo di una villa aristocratica.
      Nazareno, il cameriere del conte, sulle prime aveva accolto con diffidenza la giovane; che gli pareva una poco di buono e una intrusa. Calmo e discreto come egli era di sua natura, l'aveva trattata sempre, del resto, con grande rispetto; proponendosi in cuor suo di vigilare e di riferirne, in ogni caso, al padrone. Ma, a poco a poco l'esempio della grazia, della bontà rassegnata, dell'attaccamento semplice e profondo di Leona lo avevano vinto; e si rammaricava dentro di sé che il signor conte maltrattasse o trascurasse tanto la signorina, come egli la chiamava.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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