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      Andò avanti, senza guardare, senza sapere; solo la voce di un vetturino: - Il legno! - le fece voltare un momento la testa. Imboccò il Corso. Sdrucciolava sul selciato lustro di pioggia; si fermava ogni tanto davanti a una vetrina, immemore, come stupita; poi senza avere visto nulla, ripigliava il cammino. E un pensiero le stava fisso, come un chiodo, nella mente: - Mi separeranno da lui! Mi separeranno da lui! - I passanti, a mano a mano che ella procedeva, diventavano più numerosi: ora ella li guardava in faccia, a uno a uno, quasi per riconoscerli: un tale, un uomo grasso e panciuto, vedendosi fissare a quel modo, fece un mezzo giro e le tenne dietro. Ella avrebbe voluto farsi una ragione sui fatti; passare in rassegna tutte le ragioni che avrebbe avuto Paolo di tenerla seco, anche contro la volontà della vecchia contessa; in fin dei conti, poi, non era certa di nulla: ma la sua fantasia lavorava, evocava Paolo ora innamorato, ora freddo, ora generoso, ora cattivo: in quel momento un garzone di fornaio la urtò con la cesta che reggeva sulla spalla. Lei si voltò e gli gridò dietro:
      - Villanaccio!
      L'altro rispose con parole che lei non intese. Intanto cominciava a piovigginare: le gocce d'acqua le ferivano il collo e la faccia come punte di aghi sottili. Leona alzò la testa e guardò per cercare dove ricoverarsi: davanti, in fondo, vide l'insegna del caffè di Roma. Allora, improvvisamente, si ricordò che lì andavano a far colazione degli amici di Paolo; ebbe la certezza materiale che lì avrebbe saputo quel che voleva.


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L'innamorata
di Contessa Lara
Giannotta Catania
1901 pagine 167

   





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