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      Terminata la nuovissima funzione, le spose che avevano tutte un velo e una ghirlanda di fiori in testa lasciarono andar libera a volo una colomba, che ciascuna aveva tenuta legata per le zampe con un lungo nastro tricolore, non quale emblema di perduta innocenza, perché allora le colombe avrebbero potuto prendere il volo anche un po' prima, ma sivvero per bandire al mondo che per la Toscana, da quel giorno incominciava, come disse Pietro Feroni "oratore del popolo" un' èra novella, e riacquistava, a male agguagliare, l'antica libertà spenta con Ferruccio a Gavinana, "ricuperando il libero reggimento dopo dugentosettanta anni." Ci voleva una faccia tosta di quella fatta, per discorrer in quel modo, con gli stranieri in casa!
      Così dunque terminò la cerimonia dell'albero e dei matrimoni consacrati attorno al medesimo da quelli sposi che afferraron l'idea della nuova libertà francese, per emanciparsi dalle opposizioni dei reciproci parenti, così alla svelta e con una pubblicità tale, che legalizzava il sacro nodo.
      La sera, per coronar la festa, furono fatte luminarie per tutta la città e banchetti all'aperto, con brindisi pieni d'entusiasmo e di fede in un avvenire di felicità, che non arrivò mai, per quanto il tempo passasse veloce come prima. Ma il fanatismo raggiunse quasi la pazzia; perché un manipolo di facinorosi tentò perfino di buttar giù la statua di Cosimo I, legandovi dei grossi canapi col fine di atterrarla e farne tante monete da distribuirsi ai poveri. Questa barbarie fu impedita quasi per miracolo da un egregio cittadino che riuscì a persuaderli a desistere da quella insensata impresa.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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