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      La santificazione delle feste non ho mai saputo distinguerla in quella truppa. Quanto poi alle ruberie di cui non si faceva scrupolo, era strana cosa il sentire come tra loro medesimi era in proverbio il Viva Maria per segno d'aver con buona coscienza rubato, quasi che nominandola si garantissero della trasgressione del precetto di Dio, e non piuttosto la oltraggiassero con insulto nell'offendere il suo divino figlio. Io non parlerò degli ammazzamenti volontari e proditorii che a sangue freddo si commettevano, perché tutta la Toscana ne è testimone. Dirò solo che la massima di molti preti e frati, che per castigo del Signore furon cieche guide a tanti popoli traviati, era non solo favorevole a tali omicidi, come se in così fare prestassero ossequio a Dio, ma taluni ancora ne gli animava, ne dava l'esempio, e si vantava inoltre di aver lordato del sangue di suoi fratelli quelle mani medesime, con cui offriva il sangue dell'immacolato agnello sparso per essi".
      Questa sola testimonianza di Scipione Ricci basta per tutte, se non ce ne fossero a migliaia.
      Le bande aretine invasero la città: ed il dì 8 luglio la percorsero trionfalmente, in unione alle truppe austriache e russe arrivate fresche fresche a rioccupare il posto dei francesi, per proclamare daccapo la sovranità di Ferdinando III. I due reggimenti di cosacchi, entrando in Firenze dalla porta al Prato, passarono di Mercato Vecchio; e rimase famosa la stupida ingordigia di quei soldati quasi barbari, i quali, traversando mercato, e vedendo agli ortolani i panieri delle zucchettine, le prendevan per fichi e con le lancie le infilavano e le mangiavano senza accorgersi che erano zucche.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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