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      Pochi giorni dopo, e cioè il 5 aprile, un contro-proclama più ampolloso che mai, pubblicato a Milano dal feld maresciallo austriaco Bellegarde, diceva agli italiani che la Germania, ossia l'Austria come si sottintendeva allora, era scesa con numerose truppe a sola difesa d'Italia.
      Quanta gente ci voleva bene! Pare impossibile!...
      Scriveva il Bellegarde: "Il re di Napoli (ossia Murat) gettata alfin quella maschera che lo salvò nei momenti più perigliosi, senza dichiarazione di guerra, di cui non saprebbe allegare giusto motivo, contro la fede di quei trattati coll'Austria, ai quali soli egli deve la sua esistenza politica, di nuovo minaccia con la sua armata la tranquillità della bella Italia, tentando di riaccender per tutto col simulacro della indipendenza italiana il fuoco devastatore della rivoluzione, che gli spianò la strada dalla oscurità della classe privata, allo splendore del trono.
      Egli tanto straniero all'Italia quanto nuovo nella categoria dei regnanti, affetta cogli italiani un linguaggio quale appena usar potrebbe con loro un Alessandro Farnese, un Andrea Doria, un magno Trivulzio.
      Più sfatato di così, il re Murat non poteva essere. E le moltitudini, a questi proclami di due stranieri che facevano a gara a chi meglio sarebbe riuscito a imbrogliarle, risposero "con derisioni ed aborrimenti."
      Frattanto Murat si dirigeva con una divisione di napoletani in Toscana, dopo avere occupato gli Stati della Chiesa. Il Papa s'era già rifugiato a Firenze, ed il Granduca che non aveva quasi finito di riprender gli antichi usi, per misura di prudenza, sapendo che i napoletani stavano per entrare in città da una parte, il 5 aprile andò via dall'altra e si fermò a Pisa, sempre pronto però a proseguire per Livorno, dove alcuni "vascelli inglesi erano parati a riceverlo.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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