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      Gli Uffizi eran meravigliosi per la illuminazione fatta "a tre ordini di fanali trasparenti, che ricorrevano per tutta la fabbrica, disegnandone l'architettura." L'interno del loggiato era illuminato con lumiere e fiaccole all'inglese, poste in mezzo a delle ghirlande di fiori ed a corone di lauro. Gli stanzoni "dei coś detti Uffizi" erano illuminati con sfarzo, e ridotti a botteghe di vendita di rinfreschi e di altri generi, per comodo "del concorso popolo."
      Sotto la loggia dell'Orgagna era stato eretto il tempio della Fortuna, che sorgeva in un boschetto nel quale le statue della Giustizia e della Fortezza eran di ricco ornamento. Ai lati del tempio eran situate due grandi orchestre con varii cantanti, che salutarono i sovrani quando si presentarono al terrazzino.
      In faccia a Palazzo Vecchio, presso il tetto de' Pisani, era stata eretta una montagna artificiale rappresentante la Reggia di Vulcano, all'ingresso della quale era stata collocata la statua di Giove "in atto di ricevere le saette dal fabbricatore di esse." Ma questo non incontṛ punto il gusto della popolazione "e molte satire vennero in appresso fatte contro gli artefici e i direttori."
      Infatti, quel Giove tonante che non aveva neanche le saette di suo, e che bisognava che aspettasse la misericordia di quello che le fabbricava, era un concetto piuttosto ridicolo. Se Dio ne guardi il saettaio, diciamo coś, faceva sciopero, addio Giove.
      Le satire dunque piovvero senza numero, ma il pubblico si rifece la bocca ammirando l'addobbo del cortile di Palazzo Vecchio, i corridori e le scale che conducevano "al saloncino detto dei dugento" che formava "un continuo giardinage" con vasi di fiori e agrumi simmetricamente disposti, ed arricchito da una benintesa o piuttosto benvista, illuminazione a cera.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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