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      Francesco d'Austria come si era accorto che la Toscana era governata con maggiore liberalità, e sebbene fosse un piccolo Stato, solidamente costituito, lasciando Napoli portò invece seco la convinzione che tristi giorni eran riserbati in un'epoca non lontana alla più ridente parte d'Italia a causa della insipienza del re e della boriosa nullità dei suoi ministri.
      Infatti, scopo principale, se non unico del governo napoletano era quello di distruggere le tracce del governo di Murat e combattere la carboneria: e su questo modo di governare del suo ministero, Ferdinando IV si cullava tranquillo. Ma il lavorìo incessante, sordo, de' carbonari che corrispondevano coi loro collegati in tutto il regno, nel resto d'Italia, e specialmente in Svizzera, cominciò a dare i primi segni della rivolta. Infatti la mattina del due luglio 1820 i "Sottotenenti Morelli e Silvati, con centoventisette fra sergenti e soldati del reggimento reale Borbone cavalleria" disertarono da Nola, dove eran di guarnigione, e insieme al prete Menichini e ad una ventina di carbonari, si diressero ad Avellino al grido di "Viva Dio, re, costituzione."
      Essi posero il campo a Mercogliano da dove il tenente Morelli scrisse al tenente colonnello De Concili per indurlo a patrocinar la causa della libertà, secondando la rivolta delle truppe. E il De Concili accettò, diventando così il supremo capo degli insorti.
      I ministri, saputa la cosa, spaventati perché impotenti a prendere una risoluzione, ed inabili a dare un consiglio al re, perdettero molte ore a discutere non sul da farsi ma sul modo di dare al sovrano l'annunzio della sommossa, la quale, mentre essi cianciavano di tali puerilità, si allargava e si spandeva per intere provincie.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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