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      Il re, inetto e pusillanime, quando lo seppe si trovò imbrogliato a chi dare il comando delle truppe, poiché temeva il tradimento nei generali più abili, ed in quei fidi temeva anche di più: l'asinità loro e la nessuna autorità nell'esercito. Perciò ricorse ai soliti mezzi termini a cui ricorrono tutti i re dappoco ed i governi deboli e fiacchi, cioè alla ostentazione d'una falsa sicurezza, dando tempo al tempo, nella speranza di stancare i ribelli. Ma i ribelli raddoppiarono a vista; il popolo, i vescovi e le autorità, giuravano al nuovo grido di "Viva Dio, re, costituzione." Ferdinando IV incaricò allora il generale Carascosa di porre un argine alla rivolta. Ma, al solito, temendo i ministri della fedeltà di lui, come murattiano, sebbene fosse il solo che godesse la simpatia e la stima dell'esercito, ricorsero allo stolto e gesuitico espediente di dargli ogni facoltà senza soldati. Quando poi il 4 di luglio gli diedero come irrisione seicento uomini, fu troppo tardi, nonostante che grosse schiere fossero affidate al general Nunziante a Nocera.
      Intanto il governo procedeva a tentoni, senza saper che pesci pigliare. Onde veduta questa paura e questo disordine, i soldati che ormai eran desiderosi di nuovi eventi, scossero il giogo; ed un reggimento di cavalleria del general Nunziante in presenza delle altre truppe, a stendardo spiegato, il 5 di luglio impunemente disertò da Nocera. Bastò l'esempio. Subito dopo un battaglione della Guardia reale dichiarò di non voler combattere i ribelli, ed un altro battaglione di fanteria a Castellamare tumultuò addirittura.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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