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      Le truppe s'accamparono in parte sulle piazze ed altre a Santa Verdiana.
      I vagabondi, i ragazzi, ed anche qualcun altro, si spassavano a stare a veder fare da cucina negli accampamenti; e si disse anche dalle persone serie, e l'ho sentito più volte raccontare dai vecchi, che nelle pentole nere e affumicate dove cuocevan la minestra, ci tuffavan nel brodo qualche candela di sego per farlo più grasso, e ne levavano il lucignolo di bambagia, che strisciavan fra due dita per non perder neanche una stilla del delizioso sugo!
      Una delle cose più gradite che quei soldati trovarono in Firenze fu il vino, al quale si buttavano con una voluttà singolare. E per mostrare che coi fiorentini non avevano rancore né odio, non intendevan di pagarlo. E i fiorentini, in ricambio di tanta cordialità, ne bastonarono parecchi, e se qualcuno di quei soldati andando verso le conce, prossime a Santa Verdiana e a Santa Croce dove erano accampati, bevevano e non pagavano, stavan freschi! Quei conciatori li rincorrevano, lapidandoli addirittura sotto una grandinata di forme da bruciare. E chi c'era passato una volta non ci si riprovava, e girava largo appena sentiva da lontano l'esalazione acuta del tannino.
      Ma pagato o no, il vino quand'è bevuto dà alla testa; per quanto quei tedeschi non capissero come mai bevendo il fino per bocca, potesse essere scenduto alle gambe. E allora, quando montavano in bestia era un affar serio; urlando e sbraitando nella loro lingua, pareva che dicessero anche peggio di quello che avranno detto: mentre i fiorentini, con la pura e soave lingua italiana di cui rilevano tutte le finezze, dicevan loro cose che, se le avessero capite, li avrebbero ammazzati.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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