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      Seguendo perciò i metodi di cura allora in uso in simili circostanze, gli furono applicati due vescicanti; uno al braccio destro, ed uno alla coscia
      dalla parte dolente."
      Fu pubblicato quindi il secondo bollettino, dal quale resultava che la febbre s'era rimessa un'ora più tardi e più mite; e che il malato dava segni di miglioramento.
      Frattanto quando furon le 9 gli vennero medicati i vescicanti "stati trovati avere operato e prodotti buoni sgravi diuretici."
      Col bollettino della mattina del 20 si constatava un nuovo miglioramento nell'infermo, avendo riposato tranquillamente nella nottata ed avuta febbre più mite.
      Alle 9 antimeridiane il viceparroco di corte Brunacci, confessore del Granduca, per espressa volontà di lui, "che ricercò di fare le sue devozioni" disse messa nella sua camera e privatamente "gli fu recato il pane angelico."
      La messa fu detta ad un piccolo altare eretto provvisoriamente, con un crocifisso e quattro candelieri. Al momento di comunicare il Granduca fu chiusa la porta della camera e non furono presenti che il principe Rospigliosi, il quale tenne l'ombrellino e recitò il confiteor, il gran ciambellano ed il cavallerizzo maggiore con un torcetto ciascuno, che accompagnarono il viatico fino al letto del malato.
      Dopo la comunione fu riaperta la porta e continuata la messa, alla quale assisté privatamente in una stanza accanto la figlia del Granduca, arciduchessa Maria Luisa. Il popolo più per malinconico vezzeggiativo che per dispregio, poiché l'amava vivamente per la sua bontà, e per la sua infelicità, chiamava costei "la gobbina" a causa della deformità della persona statale causata da piccola per una caduta dalla carrozza mentre si affacciò allo sportello che imprevedutamente si aprì, essendo stato un vero miracolo se non rimase schiacciata sotto le ruote.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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