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      Il principe, che non ne rimase persuaso, si recò personalmente dall'Arcivescovo per farlo recedere dalla presa determinazione; ma non vi riuscì. Ottenne soltanto che il testimone della sposa sarebbe stato il marchese Piatti, e che l'inviato straordinario avrebbe assistito alla cerimonia, prendendo posto nel genuflessorio dei ministri esteri.
      Appianata questa difficoltà, ne sorse un'altra più seria.
      Essendo stato stabilito, e dal Granduca approvato, che la sposa, la quale doveva essere accompagnata dal padre, sarebbe stata ricevuta alla porta della Metropolitana dalle dignità ecclesiastiche, che le avrebbero presentata l'acqua santa, e da due ciambellani, i componenti il Capitolo reclamarono subito tutti inviperiti contro l'invito per le quattro dignità ecclesiastiche per ricevere la sposa e il Sovrano, "pretendendo d'andarvi tutti in corpo o almeno con esse i canonici curaioli."
      Il segretario d'etichetta rispose che i canonici, secondo il sistema seguìto in circostanze consimili, dovevan restare nei loro stalli in coro, e che soltanto quattro dignità ecclesiastiche dovessero ricevere i Sovrani.
      Non persuasi i reclamanti, ricorsero direttamente al maggiordomo maggiore dicendogli a tanto di lettere che i canonici capitolari e curaioli avevan diritto quanto le quattro autorità ecclesiastiche, le quali, volere o non volere, dipendevano in parte anch'esse dal Capitolo; e che la sola consuetudine non bastava a togliere ad essi i diritti di buonificenza stabilita dai regolamenti del Capitolo stesso.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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