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      Che se un gran bene è per il popolo somministrargli lavoro che gli dia da guadagnarsi onoratamente il sostentamento, bene anche più grande sarà eccitarlo ai risparmi, ed offrirgli inoltre un mezzo di conservarli ed accrescerli.
      Queste assennate e profonde parole del grande economista, sortirono il desiderato effetto, poiché l'entusiasmo destato in tutta la Toscana da siffatta istituzione, raggiunse quasi la frenesia; e non vi fu piccolo comune, che non volesse avere la sua casa filiale della Cassa di Risparmio.
      Avviata così la Toscana, per merito di valorosi cittadini, sulla strada di sane innovazioni, anche il Principe si sentiva trascinato ad opere sempre più grandiose, poiché subiva il fascino degli uomini insigni che lo circondavano.
      A distogliere alquanto però il Granduca dalle sue pacifiche e savie intraprese, sopraggiunse la questione dei greci, sollevatisi contro l'aborrito giogo dei turchi. La simpatia universalmente destata dalla causa greca, non impediva certe preoccupazioni nei governi dei piccoli Stati, specialmente per non urtare la Russia, che allora più che mai, in quanto a civiltà, aveva poco da spartire con la Turchia.
      Ma in Firenze, i ministri di Leopoldo II che nutrivano sentimenti di vera indipendenza e non tralasciavano occasione per dimostrarlo, pur sapendo che il ricco banchiere ginevrino Gabbriello Eynard era in Firenze l'agente attivissimo dei Comitati filelleni di Francia, Svizzera e Italia, non lo impedivano né lo approvavano.
      E che l'Eynard potesse impunemente e con entusiasmo dedicarsi alla causa greca, lo prova che nell'anno 1826 egli spediva in Grecia "munizioni da bocca e da guerra e denari in quantità." Ma a dimostrare che Firenze la quale "meritò il nome di Atene novella" fu larga di soccorsi a coloro che pugnavano da forti per la indipendenza della propria patria di cui era capitale la vecchia Atene, lo dimostrò il fatto, che sotto gli occhi del Governo, e palesemente, di fronte anche agli altri Stati "i più facoltosi, colti e nobili toscani" davano spontanee e copiose oblazioni "per soccorrere un pugno di genti stremate di tutto fuorché delle virtù necessarie per redimersi dal servaggio in cui da troppo lunga stagione gemevano".


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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