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      Le dimissioni dopo qualche premura, fatta più per forma che per altro, vennero accettate, perché l'opera iniqua del Ciantelli, che si prevaleva ormai dell'età avanzata del Fossombroni e del Corsini i quali cominciavano a subire l'opera distruttrice degli anni, era giunto perfidamente a far credere al principe - che abbandonato a se stesso era quello che era - ed anche a gran parte de' cittadini, che con la scusa della dimostrazione di gioia, si voleva dai promotori della festa profittare di quell'occasione per obbligarlo a cambiare ordinamento allo Stato. Chi la seppe più lunga, come avviene sempre della gente che tiene il piede in più staffe, fu il cavaliere Giovanni Ginori, il quale "si contenne in maniera da tenersi fuori del dissidio; onde crebbe nel favore della Corte."
      Le accettate dimissioni del Capponi, del Ridolfi e del Rinuccini, segnarono il trionfo dei birri e del presidente del Buon Governo Ciantelli, "uomo arbitrario ed impetuoso per carattere e per calcolo, devoluto alla polizia Austro-Modenese, intenta a spingere la Toscana sul falso piede degli altri Stati italiani."
      L'Austria tutta propensa a mantenersi il dominio delle provincie lombardo-venete, polpa della monarchia, che essa sapeva quanto malvolentieri sopportassero l'esoso suo giogo, era indispettita contro i ministri toscani che facevano sempre mostra della loro indipendenza. Perciò il Ciantelli era il suo prediletto; poiché tutto infatuato dei tedeschi com'era, operava di comune segreto accordo coi duchi di Parma e di Modena, i quali non erano nulla più che prefetti austriaci.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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