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      Anche il pubblico era diviso: i preti e i codini agognavano i tedeschi e già pareva loro di vederli per le vie di Firenze; i liberali vi si opponevano accanitamente, aborrendo ogni occupazione straniera, "contro la quale era garanzia l'ascendente che ancora aveva sul Granduca il Fossombroni, la fermezza del Corsini e la deferenza del Cempini per i suoi colleghi."
      L'esercito che avrebbe avuto urgente bisogno di essere riorganizzato, per incuria dei governanti e per mancanza di ogni energia militare nel principe, non avea più nessun prestigio. Il capo supremo ne era il Fossombroni, con l'onorifico titolo di generale, senza aver mai scaricato un fucile: per conseguenza, occupato egli in altre e gravi cure di Stato, era costretto a starsene a quello che a mano a mano gli rapportavano i subalterni. Si aggiunga poi la nessuna passione che egli aveva per i soldati, e più che altro forse, la mancanza di fiducia in un piccolo esercito, il quale, anche se fosse stato composto tutto d'eroi non avrebbe certamente potuto opporsi a un esercito invasore; tutto questo rese inevitabile quell'abbandono che portò la dissoluzione di ogni disciplina, dopo che lo "spirito marziale dei bravi ufficiali e soldati formatisi nelle campagne napoleoniche era andato in dileguo."
      Né le condizioni della marina erano migliori; poiché soppressa affatto la marina da guerra, la bandiera toscana dei legni mercantili era contata meno che nulla; onde i noleggiatori marittimi si trovarono costretti a viaggiare con patenti estere di Stati che, all'occorrenza, fossero in grado di far rispettare la propria bandiera.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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