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      Sull'angolo a sinistra v'era la rinomata bottega del Valenti tabaccaio, famoso per le acetose, le orzate, e per il popone in guazzo. Qui la strada cominciava subito stretta, piena d'una folla affaccendata di serve, di cuochi con la sporta, come allora usava, e di gente che non avendo né cuoco né serva, andava da sé a far la spesa lesinando il quattrino e cercando di spenderli "co' gomiti" secondo l'antico modo di dire de' fiorentini.
      In quel tratto, fino a Via delle Sette Botteghe, ci stavano i linaioli, i canapai e i venditori di ferrarecce: accanto al palagio dell'Arte della Lana c'erano i friggitori di roventini, di gnocchi, di sommommoli, di pesce e d'ogni cosa un po'.
      Nelle sere specialmente di venerdì e di sabato, delle vigilie e di quaresima, la scena di quel punto di Calimara era veramente fantastica.
      Le fiaccole delle padelle di sego, o dei lumi a olio infilati sopra un bastone, e le fiamme dei fornelli sui quali le padelle friggevano esalando acre odore di pesce e di baccalà, mandavano in distanza dei bagliori rossastri, degli sprazzi di luce e degli effetti d'ombra curiosissimi.
      I friggitori urlavano chiamando la gente, e la gente si affollava a comprar la cena che consisteva in frittelle di mela, in carciofi, in baccalà, pesci d'Arno e fiori di zucca a seconda della stagione. In quella località, il movimento dalle ventiquattro all'un'ora era grandissimo.
      Il palagio, o torrione, come lo chiamavano, che fu l'antica residenza dell'Arte della Lana, sembrava un rimprovero vivente d'esser lasciato in uno stato di spregevole abbandono, in mezzo a una turba schiamazzante e alle nauseanti esalazioni delle padelle e delle caldaie.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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