Pagina (449/714)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Per altezza, a mezza strada ci s'era!
      In Ghetto ci stavano anche famiglie ricche; ma si vedevano, tra la classe più miserabile, faccie gialle di gente che respirava aria malsana; ragazze sciatte, in ciabatte, tutte arruffate coi capelli senza pettinare, neri cresputi, che nell'insieme rivelavano la loro origine orientale. Le più vecchie, le madri, avevano il fintino, per una consuetudine religiosa che non permetteva alle donne di tenere i propri capelli dopo che fossero maritate, onde non provocare la concupiscenza altrui. E ragazzi mezzi ignudi che facevano il chiasso per le piazze, per le scale, con una poltiglia nera sugli scalini alta tre dita, formata da centinaia di anni di mota e di letame. Alle finestre di tutte le case, cenci tesi, calze, sottane, lenzuoli pieni di toppe, ma tutto bigio e quasi sudicio, benché fosse roba lavata d'allora!
      Il Ghetto pareva una piccola città murata. C'era una vita a parte, abitudini proprie, usi affatto diversi.
      Da Piazza dell'Olio si saliva in quella specie d'androne che internamente conduceva in Via della Nave, ove trovavansi botteghe di fondachi e di merciai, che vendevano all'ingrosso a quelli di campagna, i quali oltre al cambrì e alla ghinea vi trovavan corone, crocifissi, saponi, e un'infinità d'altre cose, che gli ebrei vendevano a prezzi bassissimi. Nel 1826 vi fu nel Ghetto una epidemia di fallimenti; quei commercianti andavan giù come le carte, e un bell'umore, commosso, scrisse una canzone che aveva il seguente intercalare:
     
      Qual flagello, Stenterello,


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





Ghetto Ghetto Piazza Olio Nave Ghetto Stenterello