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      A poco a poco non rimasero ivi che le Sinagoghe e coloro che al servizio delle medesime si dedicavano: perciò quella località rimase quasi tutta in balìa dei cristiani; ci tornò una folla di straccioni, di precettati, di ladri e di tutta la feccia della città.
      Così il Ghetto divenne un vasto ricettacolo di un miscuglio di gente che passava la vita a fare a tocca-ferro con la polizia. Tutte persone dabbene che avevan pagato puntualmente il loro debito alla giustizia non avendo potuto far di meno; e che potevan vantarsi d'essere state quindici o vent'anni in galera, come se fossero state in villa; e molti di quei bravi soggetti studiavano il modo di ritornarvi, che era poi, in fine, la cosa più facile del mondo. La sera, a veglia, si raccontavano a vicenda gli episodii del tempo scontato al bagno, si portavano via via le notizie di quelli di conoscenza che c'erano andati di fresco, si almanaccavano delitti, rubamenti e d'ogni cosa un poco: tutti affari però che portavano all'uscio della galera che s'apriva loro tanto agevolmente che era un piacere!
      In Ghetto trovarono in ogni tempo sicuro asilo i ladri e i malfattori d'ogni genere; e quando qualche furfante inseguito da' birri che avevan la lingua fuori dal correre, riusciva a entrare in quel recinto, era bell'e salvo. Il giro intricatissimo delle scale che mettevano in comunicazione i quartieri da un lato all'altro del Ghetto rendeva facile lo sparire in un dedalo di corridoi, in un ginepraio di pianerottoli e d'abbaini che davan la via sui tetti, dai quali poi si riscendeva nelle scale d'un'altra casa e d'un' altra strada: e così il ladro inseguito era bravo chi lo pigliava.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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