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      Questo edifizio costituiva un quadrilatero irregolare, che occupava per ottantanove braccia Via del Diluvio - ora Via del Fosso; - per centododici braccia Via del Palagio - oggi Ghibellina - cinquantatré braccia Via del Mercatino, e centosei quella de' Lavatoi. L'altezza dei muraglioni senza finestre variava dalle ventidue braccia e mezzo alle trentatré, a causa d'un'antica torre che non fu demolita.
      Quasi all'estremità del lato che guardava il Canto agli Aranci, v'era una porta come di rimessa, e si chiamava la "porta dei forzati" o anche "delle carrette", perché quegl'infelici uscivano di lì per andare con la carretta, come è narrato in un capitolo precedente, a far la pulizia della città.
      In tempi più remoti, in quel tetro fabbricato si tenevano le donne di malaffare ed i pazzi, nonostante che la primitiva destinazione di esso fosse per i rei di delitto di Stato, e vi scontassero talvolta lunghe prigionie i più ragguardevoli personaggi sotto l'imputazione di traditori o di ribelli. Poi vi si aggiunsero i debitori e i falliti, fra i quali vi fu rinchiuso lo storico Giovanni Villani per il fallimento della Compagnia de' Bardi. Vi stettero per varie cause Giovanni Cavalcanti nel 1427 che vi scrisse un'opera concernente l'esilio di Cosimo I; Cennino Cennini, nel 1437, che ammazzò il tempo e la noia, scrivendo il suo pregevole libro del "Trattato della pittura" una delle più belle cose di quell'epoca. Ma uno degli avventori più zelanti delle Stinche, fu il poeta satirico Dino di Tura, una lingua che tagliava e fendeva ch'era un piacere.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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