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      E il birro dietro che saltava quanto lui, e lo raggiunse quando infilò in un abbaino e entrò sul tetto, dove il fuggiasco credeva di rifugiarsi al sicuro, non credendo mai d'esser rincorso con tanto zelo, fin lassù.
      Fra ladro e birro seguì una lotta accanita. Dapprima, si abbracciarono come due fratelli; e poi vennero giù nella strada con grande spavento della gente accorsa, che rimase inorridita dal tonfo di quei due corpi sul lastrico della via. Picchiero non si mosse, tutto intronato com'era dalla botta di quella caduta; il birro credendo d'essersi tribbiate le gambe, si alzò con grandi smorfie rimanendo a sedere in terra, non avendo coraggio di rizzarsi. Fu però subito sollevato dai compagni e tutto malconcio la Misericordia lo portò allo Spedale e ivi rimase per qualche giorno. Picchiero invece andò a fare una cura più lunga al Mastio di Volterra, che fu il termine della sua brillante carriera.
      Ritornando al Palazzo del Bargello, questo era luogo di trista fama non solo per i carcerati che vi si rinchiudevano, quanto per la lugubre cerimonia della gogna e della bollatura a fuoco.
      Ogni condannato alla galera o all'ergastolo, prima di andare al suo destino, veniva esposto alla gogna sul muricciuolo esterno del palazzo, con le mani dietro legate ad una di quelle grosse campanelle che tuttora si vedono. Il condannato aveva sul petto un gran cartello dov'era scritto il delitto commesso; e doveva stare a capo scoperto. Per condiscendenza gli si permetteva di tenere il cappello ai piedi, perché quelli che passavano e si fermavano, vi buttassero qualche soldo.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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